Eppure basterebbe rinunciare ad un quarto dei cacciabombardieri che l'Italia ha in programma di comprare per cancellare l'IMU sulla prima casa e introdurre misure di equità contributiva non previste dalla manovra Monti. E' Flavio Lotti della Tavola per la Pace a fare qualche conto. «L'abolizione dell'Imu – precisa -» e' finanziabile con il taglio degli F35: basterebbe non comprarne 22 dei 90 in programma per ottenere il gettito dell'Imu sulla prima casa, stimato in 3,4 miliardi di euro». Ognuno dei novanta cacciabombardieri, infatti, costa 150 milioni quindi con ventidue volte questa cifra si potrebbe evitare il salasso dell'IMU alle prime case e a quelle date in uso ai figli o ai genitori anziani.
Bisognerà aspettare fino alla fine di settembre, inoltre, per conoscere i 'ritocchi' dei comuni alle aliquote. Gli enti locali sono sottoposti, infatti, ad una specie di ricatto: utilizzare l'aumento delle aliquote per finanziare servizi pubblici diventati quasi impossibili dopo tanti anni di tagli, come se l'aumento dell'IMU fosse una 'possibilità' e i cittadini dovessero evitare di tasca loro il degrado dei servizi locali, invece che il loro miglioramento. Si potrebbe ovviare al problema ri-organizzando la spesa pubblica statale come farebbe un buon padre di famiglia, ridando voce alle priorità e liberando risorse. E' proprio necessario spendere tredici miliardi e mezzo per i cacciabombardieri?
Altro intervento di razionalizzazione necessario sarebbe quello di consentire alle amministrazioni che hanno soldi in casa perché hanno amministrato bene di poter spendere il surplus per attuare degli investimenti anticiclici, che possano rimettere in moto l'economia e mettere in sicurezza il territorio. Attualmente nemmeno i comuni virtuosi, infatti, hanno questa possibilità a causa dei vincoli del Patto di Stabilità che secondo Ecologisti e Reti Civiche – Verdi Europei dovrebbe essere allentato per queste amministrazioni virtuose di modo che possano, aggiunge Michele Dotti, «'investire nel futuro': per la lotta al dissesto idrogeologico, la messa in sicurezza degli immobili pubblici, per le energie rinnovabili e per interventi di carattere sociale alle persona e alle famiglie».
Infine sarebbe importante rendere le zone terremotate in Emilia aree franche dal punto di vista fiscale. «L'Ue prevede - spiega Luana Zanella - che nelle zone terremotate possano essere costituite per cinque anni, trascorsi i quali e' possibile pagare tributi e contributi previdenziali a rate. Basta che il governo – conclude - si faccia promotore a Bruxelles per questa misura che darebbe ossigeno alle zone terremotate evitando la delocalizzazione delle imprese». Il provvedimento di sospensione dei tributi fino a settembre, infatti, è largamente insufficiente per far fronte all'emergenza di migliaia di lavoratori e aziende che rischiano di trovarsi senza prospettive. La sospensione dei tributi dovrebbe essere prolungata, quanto meno, di un anno dando la possibilità, dopo, di pagare ratealmente tributi e contributi previdenziali fino ad un massimo di sessanta mesi come è stato fatto nel 2001 per le aziende rovinate dal morbo della mucca pazza e nel 2006 per l'aviaria. Le zone franche sono una misura emergenziale consentita anche dall'art.87 (lettera b, paragrafo 3) del Trattato Europeo, che consentirebbe una defiscalizzazione dell'area fino a cinque anni.
Leggi il dossier completo presentato stamattina a Montecitorio: "Proposte per un'Italia più equa e più giusta"